Catania 7 aprile 2010
"Due non è il doppio ma il contrario di uno, della sua solitudine. Due è alleanza, filo doppio che non è spezzato". (Erri De Luca).
Che il due fosse un bel numero io l’ho sempre sospettato. Credo che il primo sospetto risalga ai miei primi anni di vita, quando mi accorsi che il due di un determinato mese le persone si presentavano a casa mia con dei doni per me. Era il mio compleanno. Ricevere regali è un valido motivo per amare un numero. Più in là forse i doni diventeranno magra consolazione per gli anni che passano, a meno che la gente non si metta a regalare iniezioni di botulino e protesi mammarie, s’intende.
E così il due è uscito da quell’odio che da sempre per me accerchia i numeri, li confina dentro operazioni aritmetiche non opinabili e per questo scontate e prive di fascino, almeno a mio avviso.
Ma Erri De Luca, con quella frase, ha sovvertito l’ordine matematico: “Due non è il doppio ma il contrario di uno”. Il due è quindi un numero sovversivo. Ai miei occhi questo fa del due un piccolo fascinosissimo e amabile numeretto. Ai miei occhi, questo, fa del due il numero perfetto, con buona pace del Tre e pure della Chiesa che l’ha sempre sostenuto come portatore di quel mistero, a me più misterioso che ad altri, che è la fede.
Nella mia personale esperienza il tre è un numero del cavolo, invece. Ma questa è un’altra storia, decisamente.
Torniamo al due, che è meglio. E inoltriamoci in discorsi filosofeggianti che piaceranno a Fratello Saggio e scoraggeranno coloro che s’aspettano un post ironico. Questi ultimi sono autorizzati a terminare la lettura di questo post adesso.
Il fascino del due non si esaurisce, certo, dentro al banale rimando al giorno del mio compleanno. Dal Due nasce la vita e al Due la vita dell’Uno, il singolo, tende spasmodicamente, in maniera più o meno conscia ma sempre viscerale, fino al momento della morte.
L’Uno, dal primo momento in cui viene al mondo ricerca il Due nell’Altro.
E il primo Altro è la madre. A quella prima relazione perfetta e simbiotica ritorniamo poi continuamente, usandola come fondamento per tutte le case d’amore che edifichiamo durante tutto l’arco della nostra vita.
Dall'unione di due corpi nasce la vita, nel cercarsi animale degli amanti dentro il gioco sporco del desiderio, che mentre dona alito di vita alla passione minaccia la morte del singolo confinandolo nel baratro che prefigura il mancato esaudirsi di quello stesso desiderio che tutto aveva mosso.
Nella tensione al Due c’è sempre questo gioco spinto e osceno con la morte.
Eppure senza il Due non c’è passione, non c’è unione, non c’è nascita, non c’è futuro per l’individuo e per la specie. Senza il Due non c’è vita.
Perché quella, la vita, nasce dal desiderio di fusione di due corpi e, seppure l’idea non dovrebbe piacerci, così è, senza altra possibilità. Sembra infatti che non possiamo conoscere i nostri desideri se il corpo dell’Altro non ce li riflette rinunciando alla propria opacità, per farsi trasparente. Che la vita nasca dal desiderio puro, scevro da qualsivoglia romanticismo d’altri tempi, e non dall’amore è un aberrante dato di fatto osservabile senza dover prodigarsi in lunghe ed estenuanti ricerche. Basta considerare semplicemente il fatto che certe nascite sono frutto di atti sessuali scarni e senza poesia, talvolta violenti. Si pensi ai figli d’uno stupro, ai figli d’un “amore” comprato sul marciapiede d’una strada triste, sporca e degradata. Quelli sono figli di un desiderio, spesso non condiviso, che nulla ha a che spartire con l’amore e tutto, in verità, con la tensione al Due che si fa mero fine (perverso) della scarica elettrica che è l’anima del desiderio. Scarica che se non scaricata (e permettetemi il banale gioco di parole) fulminerebbe l’Uno senza scampo.
“Il desiderio è scorretto – suggerisce Galimberti – Il desiderio non sa cosa vuole. E questo perché il desiderio, a differenza dell’amore, che vuole costruzione e stabilità, è un movimento verso un punto di perdita. Non produce un altro linguaggio parallelo, autonomo o alternativo a quello dell’amore […] piuttosto è ciò che nel discorso fa problema […]. Ignorando il reciproco scambio sempre sotteso a ogni relazione d’amore, il desiderio conosce solo il furto e il dono. Per questo l’amore che cerca sicurezza e stabilità tende a spegnere i desideri che teme come suo negativo più profondo”.
E così noi siamo, allo stesso tempo, figli e vittime del desiderio e quello è, allo stesso tempo, nostro padre e nostro carnefice, amato e odiato, spasimato e temuto. Perché nella tensione al Due, che muove dal desiderio, noi tentiamo per tutta la vita di prendere quel desiderio e di inquadrarlo dentro un discorso d’amore e quello, per tutta la vita, gioca ad alterarne la grammatica e a comprometterne la sintassi.
Ciò che ne deriva è l’assoluta incapacità, per buona parte degli esseri umani, di unire in un unico discorso amore e desiderio senza sacrificarne anche solo un’appendice o dell’uno o dell’altro. E di solito l’amara conclusione è che l’amore s’estingue nella quotidianità e nella familiarità mentre il desiderio, per istinto di sopravvivenza, non si incarna mai nell’amore, almeno mai definitivamente.
Lo scenario è desolante. E lo sarebbe fino in fondo se non fosse per quel piccolo dettaglio che il Due dona la vita. Se non fosse per quel piccolo dettaglio per cui il Due, fuori dalle perverse logiche d’amore e desiderio, di quella vita probabilmente, ne diviene lo scopo ultimo.
Se non fosse che l’essere umano tende al Due per scongiurare la sua morte.
Ed è per questo che nutro profonda ammirazione per il Due.
"Ma tu non vuoi essere per una volta il prossimo per qualcuno?"
Fa dire Erri De Luca alla fanciulla borghese in camicia bianca e gonna blu davanti al ciclostile della rivoluzione.
E nel porre quella domanda la fanciulla dipana la matassa del senso della vita, del suo inizio e della sua evoluzione verso uno scopo. E, non ultimo, esorcizza la morte dell’Uno nella continuità generazionale che solo il Due garantisce.
E ora, nonostante io abbia riflettuto per ore sul Due e capito che è il numero perfetto, la domanda della fanciulla resta per me sempre senza risposta.
Perché se è data la perfezione del Due non è transitivamente data la sua accessibilità a tutti.
E io sto ancora cercando la porta d’accesso.
E tu?
Tu non vuoi essere per una volta il prossimo per qualcuno?
Silvia
Ciao Silvia,
RispondiEliminacomplimenti per il blog, quando posso ti leggo con piacere.
Fra tutti- forse perchè in questo involontariamente (ovviamente) dai voce (scritta) a cio' che confusamente penso sull'amore da un po'- questo e'il post che ho preferito.Oggi avevo bisogno di un post come questo =)..
Se sia possibile l'amore(e cosa sia davvero)io ancora non l'ho ben inteso.
L 'amore nemmeno fa in tempo a nascere che è gia' finito. Quando l'uno, perche'possa esistere il Due, inevitabilmente soccombe,(si annulla cioe' per l'Altro), l'amore è già finito da un pezzo.
Mi chiedo allora cosa sia questo ''Amore''. E'forse solo passione e desiderio che una volta finiti portano via con se' anche l'amore?.. E' solo l'istinto alla sopravvivenza e alla riproduzione che spinge l' Uno a cercare le braccia dell'Altro?.. E' tutto qui ?
Cosi' in preda a quella che per molti e' follia, mi vien di pensare che l'unica forma di amore reale è l'amore pensato, l'amore non consumato.Sono folle :-)
Grazie ancora per le tue interessanti riflessioni.
Grazia
@ Grazia
RispondiEliminaE' un piacere risentirti. E che questo avvenga tramite il mio blog mi fa ancora più piacere. E' bello vedere come in questi mesi in cui mi sono messa a curare questo blog io abbia conosciuto e ritrovato persone interessanti che si sono interessate a quello che, per passione e per bisogno, scrivo.
Che tu sia folle a pensare che il vero amore sia quello pensato, che forse altri chiamerebbero platonico, non lo credo affatto.
L'amore non consumato porta con sé una carica esplosiva che è quella del desiderio che non ha ancora trovato un canale per essere scaricato, per questo è potente e totalizzante. E allo stesso tempo puro. Non so se lo si possa davvero definire amore, non so nemmeno COSA si possa davvero definire amore. I confini tra passione, amore, innamoramento sono spesso così labili da renderci impossibile delimitarne un perimetro.
Io ancora me lo chiedo, e forse me lo chiederò per sempre, se questo o quello che mi trovo a vivere è amore oppure fuoco di paglia. Ma anche i fuochi di paglia, anche se brevi, sono pur sempre fuochi e ci possono bruciare un po'.
E così forse l'amore che cerchiamo di capire e definire esiste già nel momento in cui cerchiamo di capirlo e definirlo e faremmo meglio a viverlo, senza filosofeggiare più di tanto!!!
Ma si sa, una cosa è dirlo, una cosa è farlo!
Grazie mille per il tuo commento.
Ti abbraccio.
Che cosa fosse davvero l'amore io l'ho capito solo quando sono diventata madre. Prima l'amore si confondeva sempre con quel desiderio di cui parli. Prima era sempre un gioco tra passione e sentimento. Prima anche io cercavo sempre di capire e definire. Poi, quando è nata la mia bambina tutto s'è fatto improvvisamente chiaro. Credo che si parli di due tipi d'amore diverso. Ma credo che poi l'amore significhi perdersi nell'altro senza rinunciare alla propria individualità. E questo è difficile da fare anche e soprattutto con un figlio. Ma quando ci si riesce allora l'amore diventa comprensibile e accessibile. Bisogna lavorarci comunque, l'amore ha bisogno di impegno e dedizione, l'innamoramento, per quanto coinvolgente e devastante è tutta un'altra storia...
RispondiEliminaGrazie Silvia per questa bella riflessione, e non solo per la tua ma anche per quella che hai suscitato in me e in Grazia (qui sopra).
:-*
Bene bene... ci mettiamo a filosofeggiare ora! E guarda come lo facciamo bene! Molto interessante questo spunto di riflessione che ci hai regalato, sempre ben scritto, alla tua maniera che è una bellissima maniera.
RispondiEliminaSono andato a leggere qualcosa del tuo Galimberti e credo l'approfondirò. Erri De Luca invece è una vecchia, piacevole, conoscenza.
La tua domanda finale... "Tu non vuoi essere per una volta il prossimo per qualcuno?" Io rispondo di si. Vorrei esserlo, ma quella porta d'accesso che tu non trovi non l'ho ancora trovata nemmeno io. Colpa del desiderio di cui parli: offusca i sensi e le pupille non vedono più bene e non la trovano!!!
In bocca al lupo a te, sono sicuro che non ti sarà difficile trovarla! ;-)
L'incongruibilità tra amore è desiderio non li rende necessariamente degli opposti, bensì due difficili inquilini, che talvolta riescono a trovare un accordo, solo temporaneo. L'amore è, in un certo senso, la stabilità dei sensi, il desiderio è invece il continuo mettere in gioco di essi, un ciclo di distruzione e ricostruzione delle proprie pulsioni, sempre diverse. Ed il continuo mettersi in gioco del desiderio non è conciliabile con la stabilità che ricerchiamo nell'amore. Non occorre che il desiderio sia in qualche modo perverso, perchè il desiderio è un modo di vivere più che un istinto alla vita, e non è qualcosa di così negativo se viene visto come una continua rigenerazione personale. Se l'amore riesce ad essere una costante abbastanza forte da togliere una piccola appendice al desiderio, proprio perchè entrambi faticano a coesistere, si avrà quella che noi chiamamo stabilità. E l'appendice da togliere è quella che rende il desiderio non solo un istinto di rigenerazione, ma un impulso violento, che non guarda in faccia niente e nessuno, figuriamoci nel cuore. Tutti, prima o poi, desiderano la stabilità, perchè tutti vogliono essere il prossimo di qualcuno, a patto che questo desiderio non venga poi sostituito una volta raggiunto. E' un ciclo maledetto, che per tutta la vita siamo costretti a ripercorrere, due facce della stessa medaglia che siamo costretti a conciliare.
RispondiEliminaDetto questo, torniamo con i piedi per terra, a Fratello Saggio (ma non poi così tanto Saggio da meritare la maiuscola) è piaciuto il tuo post, perchè nella perfezione del Due vi è la soluzione finale alla vita stessa, la chiave di tutto, il fine e la comprensione di ciò che facciamo. Quindi continuiamo a tendere al Due, a quel Due che sa conciliare amore e desiderio in una cosa sola, e a far dell'amore un desiderio costante. E tutto si risolve nel Due, la nascita, la vita e tutto ciò che essa contiene. E' il numero perfetto, e noi sappiamo che nel peggiore dei casi restiamo sempre noi Due a farci compagnia e sostenerci a vicenda, e per questo il Due merita rispetto, molto più dell'insulso, inetto, numero tre.
E poi lo sa chiunque abbia studiato un minimo di psicologia dei rapporti sociali che il tre, in un qualsiasi rapporto relazionale, causa solo problemi.
Un bacio dal tuo fratello latitante.
rispondo con questo:
RispondiEliminahttp://tarassaco.blogspot.com/
bacio
@ Tao
RispondiEliminaTi ringrazio infinitamente per aver messo il link.
Credo che non ci sia niente di più bello, per chi ama scrivere, di vedere come le proprie parole possano colpire gli altri e suscitarne belle riflessioni come la tua. E grazie anche per le parole dolci che hai usato nel descrivermi.
Confido in altri interessanti scambi. :-)
Grazie.
Silvia.
per accedere al Due bisogna accettare l'Uno, per gustare la vita accettare la morte.
RispondiEliminaio penso che finchè si tende al Due come fonte di vita e di felicità, siamo detinati alla sconfitta
sconfitta anche in due
Drago