venerdì 5 febbraio 2010

L’Amore Torbido dei Petali

Catania 5 febbraio 2010


Maddalena amava i fiori e ne aveva fatto un amorevole lavoro.
Ogni mattina alzava la saracinesca del suo negozio e metteva i fiori in strada perché tutti ne potessero sentire il profumo e apprezzarne il colore.
Lei l’odore non lo sentiva più.
Era fatta di fiori, strafatta.


Le narici bruciate, come dalla polvere bianca che i sapori li annienta e gli odori neanche a dirlo.
Si era fatta di fiori per non potersi fare di sua madre.
Madre fredda e calcolatrice il cui amore per gli steli e i petali era come la spina di una rosa che si curva troppo, malattia autoimmune, e si conficca nel suo stesso stelo, da cui prende vita e quella vita gliela nega in una ferita. Era uno strappo nello stelo-personalità di Madre. Come può quel Calcolatore amare qualcosa che ha una vita? Una vita così breve che devi averne un po’di più, di amore, per poterlo concentrare nei pochi giorni in cui le foglie sono verdi e i petali sgargianti.
Maddalena e i suo fratelli erano stati tirati su come fossero fiori.
Acqua quanto basta.
Amore quanto basta.
Ma bastava per i fiori e non per i bambini. Ma Madre Calcolatore di più non ne aveva.
Questo c’è.
Accontentatevi.
Non lo diceva mai ma lo comunicava ad ogni gesto regalato e ad ogni gesto negato loro e devoluto a un fiore, ancor di più.
“Maddalena ti chiami così perché in ogni parte del mondo la Maddalena ha sempre fiori, nella più grandiosa cattedrale e nell’altarino diroccato di periferia. Te l’ho dato, questo nome, nella speranza che non ti manchino mai i fiori”.
Ed era la cosa più dolce che le avesse mai detto. L’unica, pure.
E non se li era fatta mancare i fiori Maddalena, che Madre Calcolatore non va disubbidita, altrimenti amore niente e senza amore non si vive. Confezionava ghirlande per i morti, rose rosse per le amanti e bouquet per le spose. Una foglia potata e un po’di lucido sui petali come carezze per sua madre, in un codice che credeva condiviso, un rituale privatissimo d'amore e dedizione.

Lui comprava rose rosse per le amanti.
E doveva averne tante, si diceva Maddalena, e amarle tutte, perché i fiori erano amore nella sua lingua e non potevano essere altro altrimenti sarebbe morta di non-amore.
Lui ne comprava sei e una la estirpava dal mazzo e la lasciva sul bancone.
“Per te”, le diceva, dopo averla pagata. Ed era come un affronto per Maddalena dover amare un po’ di più quella rosa, più delle altre, più dei girasoli e delle gardenie, che erano tutti per sua madre quei fiori e quella rosa no, era per lei. La doveva curare come bisogna che ci si prenda cura di sé, per non lasciarsi andare, per dirsi ogni giorno “anche io mi amo”.
E lui l’amava, perché parlava la sua lingua. Quella insegnata da un Calcolatore Madre, talmente inaccessibile che lei aveva fatto fatica ad impararne la grammatica e lui come faceva a saperne così tanto Maddalena non se lo spiegava.
E aveva fatto un grande errore di valutazione a pensare che da quella rosa non fosse dipendente. Che se domani non ci fosse stata più nel vasetto filiforme accanto alla cassa sarebbe stato uguale, tanto ce ne sono molte altre di rose nel negozio e, di quella, perché non poterne fare a meno?
Però ne conservava i petali secchi e anneriti in una scatola che era come una tomba su cui avrebbe potuto piangere il dolore o distruggere la rabbia.
“Un petalo secco e nero è torbido  -le diceva sua madre- e’ inutile e va buttato via”.
“Sarà cenere” pensava lei, ma non glielo diceva, che un giorno le avrebbe portato quella sulla tomba, per fondersi con lei, che altro modo non c’era per essere una sua parte, e la cura dei suoi fiori serviva solo per mandarle una carezza ed un abbraccio, ma per fondersi serviva la cenere, solo la cenere dei petali.
La cenere di Lui. La cenere di Madre. La cenere di due amori negati dentro una linguaggio troppo complesso che se non ti uccide ti rende pazzo.
E questo non è amore, è solo cenere di petali secchi e neri. Di petali torbidi.
Amore Torbido e nient’altro.

Silvia.

11 commenti:

  1. E quindi oggi ti confronti con i linguaggi della follia, e lo fai come al solito maestralmente, dipingendo un personaggio delicato che impara quel folle linguaggio materno e lo parla sempre con una certa fatica fino a desiderare di essere la cenere di quei petali per poter finalmente giungere all'essenza di sua madre.

    Io ti preferisco così, profonda.
    La tua ironia mi piace sempre, ma qui c'è molto di più.
    Lungi da proposte di matrimonio e adulazioni di sorta, ti faccio i miei complimenti.

    Alex.

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  2. @ Grazie Alex, credo che tu abbia centrato il discorso: era dei linguaggi che recano alla follia che volevo parlare raccontando di Maddalena e di sua Madre. E credevo di aver scritto, stavolta, qualcosa di non molto accessibile ai non addetti ai lavori. E per "non addetti ai lavori" intendo tutti coloro che non sono cresciuti su un libro di psicologia e non hanno letto di "certi" codici di linguaggio che, senza scendere sul tecnico, forse potrei definire semplicemente "anomali".

    Anche io ti preferisco così, quando mi regali un commento che sia un commento e non una controproposta di matrimonio, che già ne ho una da rispettare e la parola data non si nega mai!!!

    Grazie.

    P.S. l'aggettivo "maestralmente" è davvero troppo per i miei scritti, mi lusinga, si, ma è troppo!

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  3. Questo Blog ormai è un appuntamento fisso per me. E' sempre più bello leggere le cose che scrivi. Questo racconto è forse una novità, racconti di Maddalena e di sua madre e mi sono chiesta cosa te l'abbia ispirata questa storia... me la togli questa curiosità?

    E comunque ha ragione Alex, maestralmente è l'aggettivo giusto.

    :*

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  4. Un finto albero di plastica7 febbraio 2010 alle ore 20:00

    Ho letto due volte il post, e non mi viene nient'altro da dire se non che è pura e drammatica poesia. Non c'è solo il personaggio di Maddalena in queste righe, no, c'è la storia di una vita, raccontata in due parole: amore torbido, e nient'altro. Brava sorella, ti sei spinta oltre, di gran lunga.

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  5. @ Katy: ti accontento subito... l'idea nasce da una signora sulla sessantina con cui ho parlato l'altro giorno che si è lasciata in andare in questa confessione: "Mia madre amava i fiori più dei suoi figli, per questo io ho scelto di fare la fioraia" l'ha gettata lì, così, mentre si parlava di tutt'altro. E io non ho voluto approfondire perchè non mi è sembrato il caso, visto che era la prima volta che parlavo con questa signora. Ma mi ha colpito e così ho immaginato come potesse essere stato il loro rapporto. Certo, il fatto di aver studiato psicologia mi ha aiutato a ricostruirlo...
    E così nasce questo racconto.:-)

    Grazie sempre per tutti i tuoi complimenti e per essere una lettrice così affezionata!


    @ Un finto albero di plastica: "pura e drammatica poesia", e anche questo è davvero troppo! Grazie mille fratello!

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  6. Semplicemente puro talento, si si siii proprio talento!!
    Cosa vuoi più dalla vita ? “ Leggere il tuo Blog “
    E’ la cosa più bella che ti possa capitare in una giornata !!
    (non ti faccio il filo!!)
    Riesci con i tuoi racconti, a farmi estraniare dal mondo, che rimane lì, fuori!!!
    Brava !!

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  7. carissima psicologa (ho indovinato anche questo), non ho niente contro l'insetto in questione e non mi è mai piaciuto fare e far parte di fasci di erba. ho forse detto che al mondo esistano solo mantidi? non ho la fortuna di conoscerti personalmente quindi non ritenerti causa delle mie pene d'amore, anzi, leggere ogni tanto quello che scrivi mi "pulisce" la mente e mi cura il cuore.
    nemico delle mantidi.
    ps. sai che invece a me inizia a piacere questa firma?

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  8. @ nemico delle mantidi: questo commento mi pare, a ragione, più carino degli altri. Che tu non mi conosca personalmente ne dubito, visto che la mia descrizione fisica corrisponde fin troppo con la realtà. Quindi direi che è giunto il momento di dirmi chi sei. E se non lo vuoi fare qua, alla voce contact, sulla home page del blog, trovi un format per inviarmi una mail. Direi smettiamo di giocare. E conosciamoci.

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  9. Signorina mi dia un mazzo di rose gialle, fresche però!
    Non faccia la furba!

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  10. smettiamo di giocare e conosciamoci, uhhhh....che bella proposta!!!!!!!!!!!
    magari una cenetta in un ristorantino in riva al mare?
    o sei pià da pub affollati e caotici?
    cara candy, meglio per tutti se mantengo l'anonimato, se tu mi conoscessi saresti giù pazza di me e non mi va di far precipitare in depressione terence (chiunque sia). abbbiamo già troppi alcolizzati a questo mondo.
    se non ti dispiace continuerò a deliziarmi con i tuoi racconti, chissà magari mi aiuteranno a guarire la mente e uscire da questo periodo del c....
    mi limiterò a scrivere qualche commento ogni tanto, magari meno acido degli altri anche se non mi sembravano tali.
    forse un pò cinici!!!! ciao candy
    acidissimo nemico delle mantidi

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